Da Il Sole 24 Ore di oggi a firma A. Galimberti.
Il sito di aste online eBay non è tenuto a vigilare che sulla sua piattaforma venga reiterato un comportamento di diffamazione già censurato e rimosso. Per il prestatore di servizi di rete – in questo caso un hosting – infatti, continua a valere la tutela della “neutralità” (fino a prova contraria) prevista dal Dlgs 70/2003.
È ancora una volta il tribunale di Milano, Prima sezione civile (Rg 44529/13), a tornare sulla questione della diffamazione digitale sotto il profilo dell’internet service provider, per escludere in linea di principio qualsiasi responsabilità risarcitoria extracontrattuale per il fatto illecito commesso da un cliente del servizio.
Il caso esaminato dalla corte milanese riguarda il banchiere italo–svizzero Paolo Del Bue, fondatore della ticinese Banca Arner Sa e tirato in ballo in una pubblicità online di un libro, reclame dai toni piuttosto aggressivi. Ottenuta la rimozione del messaggio da una serie di siti e portali (inmondadori, ebay, kaleydoslibri e ibs) in forza di un provvedimento d’urgenza del giudice, poche settimane più tardi Del Bue aveva suo malgrado osservato un rifiorire di «altre distinte ed ulteriori inserzioni di analogo contenuto» e ne aveva chiesto la contestuale rimozione da ordinare direttamente a eBay. Il tribunale però aveva dichiarato cessata la materia del contendere, aprendo la strada per l’ulteriore impugnazione del diffamato.
La Prima sezione ha però respinto il reclamo, accontentandosi della «spontanea rimozione» dei primi post offensivi censurati dalla vittima e finiti negli atti del processo. Poco importa, quantomeno nei confronti dell’Isp, che la pubblicità sia tornata in auge – e cioè disponibile in rete – per iniziativa di altri inserzionisti. La richiesta del banchiere di tirare per la giacca i responsabili del sito eBay, scrivono i giudici dell’impugnazione, «pare confondere i profili di tutela che può utilmente vantare nei confronti dei singoli inserzionisti di eBay rispetto a quelli che può eventualmente invocare nei confronti dell’hosting provider che ha “ospitato” le inserzioni ritenute illecite». In sostanza, aggiunge il relatore, una cosa sono gli illeciti «commessi dai destinatari del servizio fornito da eBay, i quali non possono e essere confusi con il prestatore del servizio (hosting provider)».
A giudizio del tribunale è errata «la affermazione secondo cui l’istanza cautelare non può intendersi limitata alle sole pagine indicate in ricorso, ma deve ritenersi estesa a tutte le altre ricadenti nella responsabilità del medesimo hosting provider, una volta divenuto consapevole della illiceità del contenuto inserito, non e condivisibile», perchè «non è normativamente previsto un obbligo di controllo preventivo in capo ad un hosting provider sugli interventi (inserzioni) degli utenti e lo stesso «non è assoggettato a un obbligo generale di sorveglianza». Disposizione che esclude di poter configurare un obbligo per eBay, una volta venuta a conoscenza che alcuni suoi utenti – esattamente individuati – hanno inserito informazioni non lecite (poi rimosse), di verificare se (eventualmente) altri suoi utenti in via del tutto autonoma abbiano pubblicato inserzioni di analogo contenuto illecito.