Quale tutela per il giornalista digitale? Basta legge stampa. Ripartire dalla costituzione! La grave lacuna normativa rilevata dal caso Bacchiddu in ordine alla carenza di tutela del giornalista digitale di fronte alle accuse di diffamazione trova una soluzione nella giurisprudenza della Cassazione secondo cui l’ unico riferimento possibile in questi casi e’ l’art. 21 della Costituzione e l’art. 10 della Convenzione UE. Alla luce delle ultime pronunce in materia si avverte il monito sempre più forte degli Ermellini nei confronti del Legislatore, invitato a sciogliere al più presto il nodo della riforma della legge sulla diffamazione additando i principi elaborati dalla giurisprudenza delle Corti UE. In particolare il principio di tutela della stampa quale “cane da guardia della democrazia” e il principio di balance e di proporzionalità.
Cass. 5.03.2014 n.10594, caso Il Fatto/Carandini.
La questione sottoposta alla Suprema Corte attiene alla possibilità o meno di applicare il sequestro preventivo alla versione telematica del giornale cartaceo. La Cassazione parte dall’assunto della propria stessa giurisprudenza secondo cui non è possibile assimilare stampa cartacea e stampa on line tant’è che in forza di questo principio il direttore della testata telematica non risponde del reato di omesso controllo previsto invece per la stampa cartacea.
Tuttavia l’interpretazione del giudice deve svolgersi sempre alla luce del dettato costituzionale che, seppur non ampliando le garanzie dell’art. 21, comma 3, Cost. ai media diversi dalla stampa cartacea, indica la strada maestra nell’art. 21,comma primo, Cost. ovvero la garanzia della libertà di pensiero sopra ogni cosa. Il giudice chiamato ad applicare il sequestro preventivo deve innanzitutto considerare che si va a sequestrare informazioni e/o opinioni e dunque deve limitare questo mezzo laddove emerga il fumus della scriminante del diritto di cronaca ex art. 51 c.p..
In forza di questa lettura interpretativa dell’art.21 Cost. comma1, gli Ermellini ci sottopongono una riflessione:
“pur non vigendo, per quel che riguarda i media diversi dai giornali, alcuna riserva di legge, ne essendo prescritto o individuato il numero di copie sequestrabili in via preventiva, non di meno il giudice dovrà avere consapevolezza di stare sequestrando non “cose” ma per così dire informazioni e/o opinioni” pertanto “in tema di diffamazione, il sequestro preventivo di un mezzo di comunicazione diverso dalla stampa in tanto potrà essere disposto, in quanto non emerga ictu oculi la probabile sussistenza di un mezzo di giustificazione e in particolare quella ex art. 51 c.p. sub specie del diritto di cronaca e/o di critica”
Una volta esposto questo principio di chiara ispirazione costituzionale, gli Ermellini esprimono preoccupazione per la questione della stampa digitale e suggeriscono l’intervento del legislatore:
…..la distinzione (e l’esclusione del mondo del web dalle tutele riservate alla stampa) non è dunque ne’ irragionevole ne’ iniqua, fermo restando che un intervento del legislatore ( anche costituzionale) sarebbe quanto mai auspicabile”.
Questa non è la prima volta in cui la nostra Suprema Corte in materia di testate telematiche e di casi di diffamazione si richiama direttamente alla Costituzione ignorando i dettami della Legge Stampa del 1948 considerata ormai una normativa inadeguata per i media digitali.
Pensiamo a Corte di cassazione – Sezione V penale – Sentenza 12 marzo 2014 n. 11895, caso Il Perbenista attinente alla vicenda di un sito-blog detto il Perbenista sequestrato totalmente per alcuni post lesivi. Gli Ermellini annullano il provvedimento di sequestro assumendo che per una o due pagine web contenenti dei commenti lesivi non si può oscurare un’intera piattaforma impedendo per le altre tematiche discusse sul sito web il legittimo esercizio della libertà di pensiero ex art. 21, comma 1, Cost. E’ importante notare che il blog, la mailing list, la chat, il social forum, non godono della garanzia costituzionale ex art.21, comma 3 secondo cui non si applica il sequestro alla stampa cartacea e dunque è possibile che questi luoghi digitali vengano oscurati nella parte ove si assumano i contenuti lesivi. Nel caso in esame il sequestro era stato applicato all’intero sito web occupato dal blog, bloccando di fatto anche tutte le altre discussioni presenti. Una limitazione così macroscopica della libertà di espressione non è stata ritenuta ammissibile dagli Ermellini richiamandosi appunto alla Costituzione.
“In casi del genere – spiega la Quinta sezione penale – il vincolo non incide solamente sul diritto di proprietà del supporto o del mezzo di comunicazione, ma sul diritto di libertà di manifestazione del libero pensiero che ha dignità pari a quello della libertà individuale e che trova la sua copertura non solo nell’art. 21 della Costituzione ma anche – in ambito sovranazionale – nell’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.
(Corte di cassazione – Sezione V penale – Sentenza 12 marzo 2014 n. 11895).
Pensiamo ancora a Corte di Cassazione pen., V sez., n. 12203 del 13.03.2014, sul caso La Voce di Romagna che ha annullato il provvedimento con cui si stabiliva il carcere per il direttore e l’autore di un articolo ritenuto lesivo ripreso dalla testata “L’Espresso”:
“la libertà di espressione costituisce un valore garantito attraverso la tutela costituzionale del diritto/dovere di informazione”, che impone “anche laddove siano valicati i limiti del diritto di cronaca e/o di critica, di tener conto, nella valutazione della condotta del giornalista, dell’insostituibile funzione informativa esercitata dalla categoria di appartenenza, tra l’altro attualmente oggetto di gravi e ingiustificati attacchi da parte anche di movimenti politici proprio al fine di limitare tale funzione”.
Poi giunge il monito per il legislatore ad attivarsi per la riforma dell’istituto della diffamazione a mezzo stampa richiamandosi ai principi europei dell’art. 10 e alla giurisprudenza della CEDU secondo cui la stampa dev’essere tutelata in quanto “cane da guardia della democrazia”:
“il legislatore è orientato al ridimensionamento del profilo punitivo del reato di diffamazione a mezzo stampa” e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo “esige la ricorrenza di circostanze eccezionali per l’irrogazione, in caso di diffamazione a mezzo stampa, della più severa sanzione, sia pure condizionalmente sospesa, sul rilievo che altrimenti non sarebbe assicurato il ruolo dei giornalisti, il cui compito è di comunicare informazioni su questioni di interesse generale e conseguentemente di assicurare il diritto del pubblico di riceverle”.
Con la sentenza la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Brescia con la quale un cronista ed il direttore del quotidiano La Voce di Romagna erano stati condannati a sei mesi di reclusione per il reato di diffamazione a mezzo stampa. La Corte d’Appello dovrà quindi rideterminare la pena, per quanto riguarda la sola multa.
Leggendo insieme questi casi non si può non osservare che per l’editoria on line e per gli altri media “privati” la soluzione viene individuata sempre nel dettato costituzionale, eludendo di netto la Legge Stampa del 1948 assolutamente inadeguata per la stampa elettronica. Il monito lanciato dagli Ermellini e’ chiaro: basta Legge Stampa del 1948 si riparte dalla Costituzione!!!!
Ripartire dalla Costituzione e dalle Carte fondamentali UE per regolare la stampa digitale rifuggendo da dettati precisi e tassativi ma stigmatizzando criteri orientativi in grado di guidare tutti gli stakeholders dell’editoria telematica e l’operato della Magistratura.Del resto la giurisprudenza delle Corti UE ha già stagliato da tempo un criterio fondamentale in questa materia ovvero quello del balance e della proporzionalità.