L’algoritmo di Google plasma l’identità del soggetto in Rete (persona o ente collettivo) secondo le logiche della tecnologia, delle leggi di mercato e dell’interesse sociale. Questo meccanismo rischia di costruire una rappresentazione del soggetto molto parziale e a volte assolutamente distante dalla reale identità della persona di riferimento. Si tratta di un tema molto delicato soprattutto riguardo al giornalismo digitale e al cosiddetto fenomeno della coda lunga di Internet per cui la notizia di ieri può essere più letta di quella di oggi o addirittura di quella di domani prendendo il sopravvento sulla realtà e costruendo veri e propri “mostri informativi”.
Un aspetto della questione viene colto dalla Corte di Cassazione n. 5525/2012 sul rapporto tra diritto all’oblio e archivi dei quotidiani on line. L’obiettivo della riflessione si sostanzia nel favorire il diritto alla contestualizzazione e alla rappresentazione integrale dell’identità, respingendo la riduzione dei soggetti alle sole informazioni trattate digitalmente.
Il dato normativo di riferimento in questo ambito si coglie soprattuto nei lavori preparatori del “Regolamento UE data protection” in corso di approvazione.
La UE, proprio sul tema in esame, nell’ambito del dibattito sulla riforma della privacy e all’interno della proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio “concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati”, presentata dalla Commissione lo scorso 25 gennaio (unitamente alla proposta di direttiva sulla “tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, e la libera circolazione di tali dati”), ha sancito che i cittadini europei hanno diritto al pieno controllo sui propri dati.
Il considerando 53, in particolare, prevede che “ogni persona deve avere il diritto di rettificare i dati personali che la riguardano e il “diritto all’oblio”, se la conservazione di tali dati non è conforme al presente regolamento. In particolare, l’interessato deve avere il diritto di chiedere che siano cancellati e non più sottoposti a trattamento i propri dati personali che non siano più necessari per le finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati…omissis..”, disposizione poi trasfusa nell’articolo 17.
Sempre l’art. 17, però, prevede precise ipotesi a norma delle quali il responsabile del trattamento non ha l’obbligo di procedere alla cancellazione dei dati, in quanto la conservazione è resa necessaria “(a) per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione in conformità dell’articolo 80…omissis”.
Il richiamato articolo 80, infatti, dispone che “gli Stati membri prevedono, per il trattamento dei dati personali effettuato esclusivamente a scopi giornalistici o di espressione artistica o letteraria, le esenzioni o le deroghe alle disposizioni concernenti i principi generali di cui al capo II, i diritti dell’interessato di cui al capo III, il responsabile del trattamento e l’incaricato del trattamento di cui al capo IV, il trasferimento di dati personali verso paesi terzi e organizzazioni internazionali di cui al capo V, le autorità di controllo indipendenti di cui al capo VI e la cooperazione e la coerenza di cui al capo VII, al fine di conciliare il diritto alla protezione dei dati personali e le norme sulla libertà d’espressione”.
Qual è allora il paradigma da utilizzare per individuare un orientamento condivisibile nella magamatica questione del rapporto tra persona digitale e web journalism?
Se ne parlerà al convegno Dig.it – Giornalismo digitale: nuovi modelli economici, nuove professionalità, nuova cittadinanza, a Firenze il 4 e 5 luglio 2012, Auditorium di Santa Apollonia.
http://www.lsdi.it/2012/dig-it-giornalismo-digitale-nuovi-modelli-economici-nuove-professionalita-nuova-cittadinanza-a-firenze-il-4-e-5-luglio-2012/